Quali sono le procedure per tutelare le informazioni ed i dati personali di chi vive in un edificio multipiano?
Il nuovo Codice della privacy, introdotto dalla dlgs 101/2008, tiene conto delle disposizioni contenute nel Regolamento generale sulla protezione dei dati redatto dall’Unione Europea (Gdpr).
In ambito condominiale le novità rispetto al passato sono davvero poche, con le ultime norme che, in sintesi, introducono regole più severe per il responsabile del trattamento dei dati. (amministratore del condominio).
Il condominio, in quanto titolare del trattamento dei dati, ora è obbligato a delegare l’amministratore responsabile del trattamento dei dati. Mentre in passato il conferimento dell’incarico era facoltativo. Come si legge all’articolo 5 del Regolamento europeo, l’amministratore ha l’obbligo di trattare i dati secondo liceità, correttezza e trasparenza.
In definitiva, l’amministratore ha maggior responsabilità e rischia pene più severe nel caso in cui commetta errori.
Ma al contempo è aumentato il suo potere d’azione. Ad esempio, non è obbligato ad ottenere alcun consenso per la tenuta dei dati dei condomini, rientrando tra i suoi compiti la gestione delle informazioni personali dei partecipanti al condominio, come d’altronde previsto dagli articoli 1129 ed 1130 del Codice Civile.
Altro elemento degno di nota è l’introduzione del concetto di “accountability”, secondo il quale spetta all’amministratore decidere come organizzare il trattamento dei dati, garantendo la sicurezza delle informazioni e prevenendo perdite, distruzioni, furti o danni dei dati stessi.
Dati personali: quali si e quali no
Il condominio è una sorta di piccola comunità, in cui l’amministratore ricopre il ruolo più delicato, simile a quello del buon padre di famiglia.
Tenendo fede al suo mandato, così come deve garantire che le parti comuni dell’edificio funzionino e siano mantenute in buono stato, allo stesso modo deve saper gestire con attenzione la mole di informazioni che quotidianamente transita tra le sue mani: decine di dati, più o meno riservati, afferenti alle persone che abitano nello stabile. E’ tenuto ad averne cura, rispettando la privacy e la dignità dei soggetti.
Il compito dell’amministratore è però doppio: garantire la massima trasparenza nella gestione delle parti condivise, senza pero ledere il diritto alla riservatezza di ciascun condomino.
Per l’espletamento del proprio mandato, il professionista può quindi utilizzare dati anagrafici, indirizzo e quote millesimali dei singoli condomini. Ma, al contrario, non gli è permesso riportare in fogli cartacei o elettronici informazioni personali quali “single”, “divorziato”, “va in vacanza ad Agosto” ed una serie di dati che riguardano la sfera privata degli individui.
Per quanto concerne il numero di telefono dei condomini, sia fisso che mobile, l’amministratore può utilizzarlo soltanto se il contatto è già presente in elenchi pubblichi (ad esempio sulle pagine bianche), altrimenti è necessario il consenso scritto dei diretti interessati.
Il consenso occorre anche per ricevere comunicazioni attraverso posta elettronica. Con riferimento ai dati sanitari, ad esempio quelli relativi alla disabilità di uno o più condomini, si possono utilizzare soltanto se indispensabili ai fini dell’amministrazione del condominio. Come nel caso, ad esempio, della delibera per l’abbattimento delle barriere architettoniche.
Sicurezza e trasparenza
Per evitare che i dati personali dei condomini vadano persi, trafugati o finiscano in mano a terzi soggetti, l’amministratore ha l’obbligo di adottare adeguate misure di sicurezza per la loro conservazione.
La documentazione da mettere al sicuro riguarda la vita condominiale e quindi verbali, estratto conto, fatture, il registro di anagrafe condominiale.
Da parte sua l’amministratore, al fine di garantire maggiore trasparenza, nel momento in cui si insedia è tenuto a comunicare ai condomini i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale e, qualora l’edificio sia amministrato da una società, la denominazione e la sede legale.
Il professionista, inoltre, deve rendere pubblici (solitamente sulla bacheca condominiale) domicilio e recapiti telefonici, così da poter essere contattato in caso di bisogno.
Il conto corrente: accesso tramite l’amministratore
La legge di riforma del condominio 220/2012 obbliga l’amministratore ad aprire un conto corrente intestato a condominio, dove far transitare le spese e le entrate.
L’articolo 1129, comma 7 del Codice civile, dispone che “l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica”.
Nel caso in cui ciò non avvenga, il condomino può chiedere la convocazione dell’assemblea e revocare il mandato al professionista o rivolgersi alla banca, ma solo dopo aver inviato una raccomandata all’amministratore.
In caso di inerzia dell’assemblea o in mancanza di quorum, il condomino può rivolgersi al giudice che ha il potere di revocare l’amministratore. Tra le gravi irregolarità per cui questi può essere sollevato dal suo incarico figurano, infatti, la mancata apertura ed utilizzazione del conto e la gestione, secondo modalità che possono generare confusione, tra il patrimonio del condominio ed il patrimonio personale dell’amministratore o di altri condomini.
Videocamere e videocitofoni: attenzione a cosa si inquadra
Negli ultimi anni l’installazione di videocamere e videocitofoni, su iniziativa di singoli condomini o dell’intero condomino, ha fatto registrare un’impennata.
I motivi sono essenzialmente due: la riduzione dei costi degli impianti ed una crescente richiesta di sicurezza da parte dei residenti.
Riguardo all’installazione delle videocamere occorre fare una distinzione: se ad installare l’impianto è il singolo condomino che desidera monitorare un accesso privato (porta d’ingresso, finestra, balcone) egli può procedere senza l’autorizzazione dell’assemblea.
L’obiettivo della videocamera dovrà però limitarsi ad inquadrare solo la porzione dell’area privata da proteggere, evitando di riprendere spazi pubblici.
Qualora, invece, l’impianto è installato a protezione delle parti comuni, una volta deliberato l’intervento in assemblea (la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà dei millesimi dell’edificio), l’amministratore è tenuto a segnalare la presenza delle videocamere con appositi cartelli, da collocare nei luoghi ripresi o nelle immediate vicinanze, riportanti il logo o l’immagine di una telecamera.
Le immagini registrate possono essere conservate al massimo per 48 ore, trascorse le quali vanno cancellate. I videocitofoni sono considerati veri e propri dispositivi di videosorveglianza, soprattutto se abilitati a registrare e conservare le riprese. Per questo motivo, si applicano le stesse regole previste dal Codice della privacy per le telecamere.
L’ installazione di un impianto allarme antifurto è il mezzo più efficace per aumentare la sicurezza della propria abitazione.
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